Contributo unificato

Il Dipartimento per gli Affari di Giustizia, Direzione Generale della Giustizia Civile, del Ministero della Giustizia, in data 1°aprile 2016, ha emanato una circolare per la determinazione del contributo unificato nelle procedure concorsuali.
La suddetta circolare si è resa necessaria in quanto la normativa in materia di C.U. non è esaustiva per quanto attiene all’ammontare del contributo da versare nelle diverse fasi della procedura concorsuale: infatti, osserva il Ministero, il D.P.R. n. 115/2002, dopo aver previsto in termini generali, all’art. 9, l’obbligo di versamento del contributo unificato per “la procedura concorsuale”, ha, al successivoart. 13, comma 5, indicato l’ammontare del contributo unificato dovuto unicamente “per la procedura fallimentare”, all’uopo definita quale quella che va “dalla sentenza dichiarativa di fallimento alla chiusura”.
Di conseguenza rimangono fuori dalla suddetta previsione la fase istruttoria prefallimentare, la procedura di opposizione allo stato passivo fallimentare e tutte le fasi giudiziali delle altre procedure concorsuali.
Questo “vuoto” normativo ha ingenerato incertezza e ha fatto sì che, nella prassi operativa degli uffici giudiziari, siano state adottateinterpretazioni diverse in merito alla disciplina cui sottoporre tali ultime ipotesi.
Quindi, al fine di uniformare il comportamento degli uffici giudiziari al riguardo, questi dovranno attenersi, nella determinazione del contributo unificato nelle fasi di natura giurisdizionale delle procedure concorsuali diverse da quella fallimentare, come pure nelle fasicd. endoprocessuali in cui si articola la procedura fallimentare, ai seguenti criteri:
A) per la procedura fallimentare, ovverosia per “la procedura dalla sentenza dichiarativa di fallimento alla chiusura”, dovrà essere versato il contributo fisso di euro 851,00 (art. 13, comma 5, delD.P.R. n. 115 del 2002);
B) per le fasi di natura giurisdizionale delle altre procedure concorsuali, come pure per le fasi “endoprocessuali” della procedura fallimentare non ricomprese nel campo di applicazione del citato art. 13, comma 5, dovrà farsi riferimento alla dichiarazione di valoreresa dall’avvocato ai sensi dell’art. 14 D.P.R. n. 115 del 2002 al momento dell’individuazione del giudice competente a decidere sulla domanda proposta e del tipo di procedura azionata.

Contributo unificato

quanto si paga nell'opposizione a D.I. con domanda riconvenzionale.

Chiarimenti del Ministero della Giustizia sulla riscossione del contributo unificato in presenza di domanda riconvenzionale.
Il Ministero in data 10/11/2015 ha emanato una circolare che contiene alcuni chiarimenti in materia di importo del contributo unificatonel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, quando viene formulata contestualmente domanda riconvenzionale.
Tali chiarimenti si sono resi necessari in quanto si sono registrate prassi difformi nei vari uffici giudiziari.
Com’è noto, l’art. 13 comma 3 del DPR 115/2002 prevede che il contributo e’ ridotto alla meta’ per i processi speciali previsti nel libro IV, titolo I del codice di procedura civile,compreso il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo….”, mentre il successivo art. 14 dispone che : La parte che per prima si costituisce in giudizio, che deposita il ricorso introduttivo, ovvero che, nei processi esecutivi di espropriazione forzata, fa istanza per l’assegnazione o la vendita dei beni pignorati, e’ tenuta al pagamento contestuale del contributo unificato…… La parte di cui al comma 1, quando modifica la domanda o propone domanda riconvenzionale o formula chiamata in causa, cui consegue l’aumento del valore della causa, e’ tenuta a farne espressa dichiarazione e a procedere al contestuale pagamento integrativo…”.
Alla luce delle suddette disposizioni, si legge nella circolare, introdotto il giudizio di opposizione a D.I., la parte che si costituisce per prima (di solito l’opponente) è tenuta a pagare il C.U. in misura dimezzata rispetto all’importo previsto dalla legge per lo scaglione di valore di riferimento, ex art. 13 comma 3.
A questo punto, la circolare esamina la particolare ipotesi, in cui la parte che propone opposizione a D.I. formula anche domanda riconvenzionale e chiarisce quale sia l’importo del C.U. che l’ opponente deve versare; al riguardo si possono verificare due ipotesi:
A) Opposizione a D.I. con domanda riconvenzionale che non comporta aumento del valore della causa: in questo caso la parte opponente “è tenuta a versare un C.U. di importo corrispondente a quello dovuto per la proposizione del giudizio di opposizione nella misura ridotta ex art. 13 comma 3 DRP 115/2002,” ossia un C.U. ridotto della metà.
Es: D.I. per euro 5.000, il contributo unificato che deve versare l’opponente è di € 49,00 (98,00:2); anche in caso di opposizione con domanda riconvenzionale (es. € 2.000), l’importo non cambia, rimane quello ridotto della metà, ossia € 49,00.
B ) Opposizione a D.I. con domanda riconvenzionale che comporta aumento del valore della causa (es: D.I. per 5.000 e riconvenzionale per € 10.000, quindi scaglione superiore).
In questo caso, nella circolare si legge che parte opponente “deve versare un C.U. corrispondente a quello dovuto per la proposizione della domanda riconvenzionale; in questo caso il pagamento del C.U. è da imputarsi in parte alla proposizione dell’opposizione a D.I. (fino alla concorrenza dell’importo a tale titolo dovuto ex art. 13 comma 3), in parte alla proposizione della domanda riconvenzionale (a titolo di pagamento integrativo, ex art. 14 comma 3)”.
Es: D.I. per 5.000 e domanda riconvenzionale di € 10.000: il contributo unificato è di € 237,00, che l’opponente deve pagare per intero e si imputerà, quanto ad euro 49,00 all’opposizione, e, quanto al residuo, al contributo “integrativo”.
Infine, la circolare contiene una precisazione importante: al fine di determinare il valore della causa, rilevante per la quantificazione del C.U., bisogna fare riferimento a quello maggiore tra l’importo liquidato in sede monitoria e quello richiesto in via riconvenzionale in sede di opposizione: in nessun caso si possono sommare tra di loro i due valori.

 Errore nel deposito telematico: quando è ammessa la rimessione in termini?
La difesa del resistente fa istanza per rimessione in termini deducendo che:
⦁ in data 28 aprile effettuava il deposito telematico della memoria di costituzione e quasi contestualmente riceveva i primi due messaggi di PEC (accettazione: deposito e consegna: deposito);
⦁ dopo oltre mezz’ora il difensore riceveva il terzo messaggio di PEC (esito controlli automatici) che conteneva la segnalazione della presenza di un “errore imprevisto” e della necessità di ulteriori verifiche da parte dell’ufficio ricevente;
⦁ solo in data 9 maggio, quindi 11 giorni dopo, la cancelleria comunicava il rifiuto del deposito a causa della presenza di un errore fatale connesso alle caratteristiche di uno dei documenti inseriti nella busta telematica allegata alla PEC;
Il Tribunale di Milano, nella persona del Giudice dott.ssa Cassia, accoglie l’istanza di rimessione, nonostante l’opposizione del ricorrente, motivando nei seguenti termini:
1) la cancelleria procede all’accettazione del deposito telematico, una volta che il sistema abbia esperito i controlli automatici preliminari; l’accettazione costituisce l’adempimento indispensabile affinchè il deposito telematico entri nel fascicolo informatico e sia pertanto accessibile e conoscibile alla controparte ed al giudice;
2) tendenzialmente, l’accettazione dei depositi dovrebbe avvenire entro il giorno lavorativo successivo al deposito (considerandosi il sabato giorno festivo) e seguendo comunque l’ordine cronologico di consegna delle buste telematiche;
3) il Ministero della Giustizia, con propria circolare del 23.10.2015, ha dato istruzione alle cancellerie di accettare sempre il deposito in presenza di anomalie, bloccanti e non bloccanti (cioè di tipo WARNING ed ERROR), segnalando al giudicante le informazioni circa l’anomalia riscontrata;
4) in caso di errore non gestibile (FATAL) la cancelleria deve rifiutare l’accettazione, anche per evitare che il deposito rimanga in attesa di accettazione, tenuto conto che l’errore “fatale” non impedisce un nuovo deposito entro i termini assegnati o di legge;
5) nel caso in esame, il gestore, nel segnalare l’errore, ha informato il mittente circa la necessità di “verifiche da parte dell’ufficio ricevente”, con ciò giustificando l’aspettativa circa l’accettazione del deposito (verifiche intervenute successivamente alla scadenza del termine per il deposito);
6) peraltro non può ritenersi esigibile che il legale, ricevuto l’avviso di avvenuta consegna del messaggio PEC in epoca idonea a considerare il deposito tempestivamente eseguito, in difetto di esplicita segnalazione di errore fatale (implicante in quanto tale l’impossibilità del rifiuto dell’accettazione da parte di cancelleria) e/o di esplicito rifiuto dell’accettazione, provveda ad nuovo depositonel termine perentorio normativamente previsto, oppure si attivi per ottenere informazioni sull’errore e sull’esito del deposito, confidando pertanto nell’accettazione del deposito da parte della cancelleria.
7) se la cancelleria avesse provveduto al rifiuto del deposito nei termini previsti dalla Circolare Ministero Giustizia 23.10.2015, parte ricorrente avrebbe potuto effettuare un nuovo deposito nei termini perentori fissati per la costituzione in giudizio.